Sapevi che esiste un termine massimo entro il quale l’Agenzia dell’Entrate (Ade) può pretendere il pagamento dei tributi non pagati? Ebbene si, oltre il termine di scadenza lo Stato e gli enti che lo rappresentano non hanno più il diritto di chiederti il recupero delle imposte. Fatta salva la possibilità dell’Amministrazione finanziaria ( Agenzia delle Entrate o Comune e Regione per i tributi locali) di prolungare nel tempo il suo diritto di credito, inviando prima dello scadere del termine di prescrizione, un invito al pagamento di quanto in precedenza richiesto.
Decorso il periodo di prescrizione il contribuente può quindi ritenersi libero dall’obbligo di pagamento.
In ambito tributario si parla, anche di termine di decadenza. Il legislatore tributario prevede spesso termini di decadenza e in pochi casi termini di prescrizione, ai cui si applicano in via generale la disciplina civilistica. Termini di decadenza sono previsti ad esempio per il potere di accertamento, per la liquidazione delle imposte, l’iscrizione a ruolo ma anche per il diritto al rimborso del contribuente.
Conoscere i termini di decadenza e prescrizione per il contribuente è dunque molto importante per potersi difendere da pretese di pagamenti non dovuti e sapere quando presentare ricorso.
Ma vediamo nel dettaglio cosa si intende per decadenza e prescrizione ma soprattutto quali sono i tempi previsti dalla legge.
Termini accertamento fiscale e decadenza
La decadenza vuole sanzionare chi non esercita una determinata attività o potere, idoneo a far acquistare un diritto, entro un dato termine previsto dalla legge. Superato tale termine l’attività, come ad esempio quella di accertamento, non può più essere esercitata dall’Amministrazione Finanziaria, ciò a vantaggio del contribuente che si libera dal pagamento non più dovuto.
Tra le attività da effettuarsi entro un dato termine a pena di decadenza vi è quindi il potere d’accertamento fiscale.
Termini accertamento Irpef Ires Iva
I termini di accertamento fiscale, entro cui devono essere notificati gli avvisi di accertamento a pena di decadenza per Irpef, Ires e Iva sono diversi in base al periodo d’imposta, cioè:
- a partire dal periodo d’imposta 2016 si applicano i nuovi termini. Ovvero, l’avviso d’accertamento deve pervenire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata, nel caso di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla [1] . Inoltre, a partire dal 2016 non opera più il raddoppio dei termini decadenziali previsti nel caso di reati tributari di cui al D.l.gs 74/2000;
- per i periodi di imposta precedenti e quindi fino al 2015 il termine è diverso. Gli avvisi di accertamento dovevano essere notificati entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nei casi di omessa dichiarazione o dichiarazione nulla, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui avrebbe dovuto essere presentata.
Affinché sia valido l’avviso d’accertamento deve quindi pervenire entro tali termini.
Se ricevi un avviso di accertamento scaduto potrai tutelarti con il ricorso obbligatorio alla mediazione, per importi fino a 50.000 euro o con il ricorso in Commissione tributaria per importi maggiori.
Tracciamento pagamenti e riduzioni termini accertamento
Con la legge di bilancio 2018 [2], i contribuenti che producono redditi d’impresa e di lavoro autonomo ed effettuano la fatturazione elettronica, potranno usufruire di una riduzione di due anni dei termini d’accertamento. In questo caso il termine di accertamento per i redditi dichiarati sarà il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione art.3 D.lgs 127/2015 . La riduzione è però accordata a condizione che utilizzino mezzi di pagamenti tracciabili, per pagamenti ricevuti ed effettuati, il cui importo supera i 500 euro e secondo le modalità stabilite con decreto del MEF.
Fermo restando che, la riduzione dei termini di accertamento non si applica ai soggetti che svolgono attività di commercio al minuto o assimilate [3] ad eccezione di chi trasmette telematicamente i dati dei corrispettivi giornalieri.
Termine prescrizione tasse
Una volta posta in essere l’attività di accertamento, rispettando il termine di decadenza, e sorto definitivamente il diritto di credito (per omessa impugnazione dell’avviso d’accertamento o se impugnato confermato da sentenza passata in giudicato) se il pagamento di quanto richiesto non viene effettuato sarà sottoposto al termine di prescrizione.
Ma vediamo meglio cos’è la prescrizione, quando opera e la sua durata.
Prescrizione tributaria
La prescrizione in ambito tributario fa si che il diritto di credito dell’Amministrazione Finanziaria, per le imposte non pagate, si estingua se non viene esercitato nel periodo previsto dalla legge. La richiesta di pagamento è dunque sottoposta ad un termine di prescrizione che però ammette casi di interruzione e sospensione che in certo senso ne prolungano la durata.
L’interruzione della prescrizione gioca a sfavore del contribuente consentendo di perpetuare nel tempo le richieste di pagamento dell’Ade. Ad esempio la notifica della cartella di pagamento o un ingiunzione fiscale interrompe il termine di prescrizione mentre la loro impugnazione produce un effetto sospensivo.
In ambito tributario non esiste una norma generale per la prescrizione, analoga al dettato del codice civile all’art. 2946, per cui tutte le volte che manca una norma specifica sulla prescrizione di un dato tributo si applica la prescrizione ordinaria dei diritti che è pari a 10 anni [4]. Ad es. esistono disposizioni specifiche per l’imposta di registro, successione e donazioni e diritti doganali [5].
Inoltre quando le imposte e le cartelle esattoriali vengono impugnate dal contribuente e il giudice rigetta la sua richiesta dandogli torto, cadono in prescrizione dopo 10 anni, poiché in questo caso fondamento della prescrizione è la sentenza.
Perciò le richieste di pagamento contenute in una sentenza definitiva, passata in giudicato, si prescrivono nel termine ordinario di dieci anni [6]. Ad esempio se il contribuente impugna davanti alla Commissione Tributaria una cartella di pagamento del bollo auto e perde la causa il tributo che in origine si prescriveva in 3 anni adesso passerà a 10.
Prescrizione accertamento e riscossione
A vantaggio del contribuente opera non solo la prescrizione nella riscossione ma anche nell’accertamento.
Cosicché se l’AF non accerta il tributo da pagare entro un dato periodo non potrà più farlo. In questo caso il termine di prescrizione inizia a decorrere da quando il contribuente doveva pagare il tributo.
Successivamente si compie invece la prescrizione della riscossione. Per cui accertato nei termini il mancato pagamento del tributo da parte del contribuente se l’Agente della riscossione non ha provveduto nei termini al recupero coattivo (tramite notifica della cartella o avvio del pignoramento) il diritto alla riscossione si prescrive. La richiesta di pagamento avanzata dall’Agente della riscossione è quindi nulla. Sempre che nel frattempo non siano stati notificati, al contribuente, atti interruttivi entro tale termine.
I termini di prescrizione sono gli stessi sia in sede di accertamento che in sede di riscossione.
Se vuoi sapere cosa fa l’Agenzia delle Entrate quando non paghi le tasse leggi al link https://www.fiscobusiness.it/tasse-non-pagate-come-vengono-individuate/
Ma vediamo meglio come funziona la prescrizione delle singole imposte.
Imposte sui redditi Irpef e Ires e Iva
Per i tributi quali Irpef, Ires, Irap ed Iva la giurisprudenza non si è espressa in modo omogeneo. Secondo l’interpretazione tradizionale una volta notificato l’avviso di accertamento e divenuto definitivo poiché non impugnato, il fisco ha un tempo di 10 anni per recuperare l’importo dovuto prima che il diritto si prescriva, fatto salvo che non intervengano eventi interruttivi. Si parla in questo caso di prescrizione ordinaria decennale.
A seguito della sentenza n. 23397/2016 della Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ha iniziato ad affermarsi nella giurisprudenza di merito l’ orientamento secondo cui tutto ciò che si paga annualmente si prescrive in 5 anni, c.d. prescrizione breve [7] . E quindi anche Irpef, Ires, Irap e Iva. In contrapposizione all’interpretazione tradizionale della prescrizione decennale e alla tesi che sostiene che essendo imposte che mutano di anno in anno e in base al reddito dichiarato si prescrivono in 10 anni.
Per cui in sede di applicazione della normativa esiste ancora un dibattito aperto tra chi ritiene che il diritto di credito per tali tributi si prescriva in 10 o 5 anni.
In conclusione, il principio di equità che ha ispirato le SS. UU. della Cassazione e che giustifica la prescrizione quinquennale dei crediti della Pubblica Amministrazione, inclusa l’Agenzia delle Entrate, consente al contribuente di opporsi al pagamento derivante da atti amministrativi, avvisi, cartelle e ingiunzioni tributarie quando vengono notificati dopo i cinque anni.
Prescrizione imposta di registro tributi comunali regionali e altre imposte
Anche per gli accertamenti e gli avvisi di liquidazione dell’imposta di registro, vigono termini di decadenza specifici [9] mentre la riscossione si prescrive in dieci anni. Lo stesso si ha per l’imposta sulle successioni la cui normativa prevede una prescrizione decennnale [10].
Le sanzioni amministrative e interessi per il tardivo o mancato pagamento delle imposte si prescrivono sempre in 5 anni [8].
Sempre in cinque anni si prescrivono i contributi previdenziali Inps [11] e Inail.
I tributi comunali come Imu, Tasi, Tari si prescrivono nello stesso termine di 5 anni.
Per il bollo auto il termine di prescrizione è ancor più breve soli tre anni.
In materia di diritti doganali l’azione della amministrazione finanziaria per la riscossione dei relativi diritti si prescrive nel termine breve di tre anni [12].
Se vuoi sapere come evitare un accertamento fiscale leggi al link https://www.fiscobusiness.it/accertamento-fiscale-come-evitarlo/
Note
[1] art. 57 D.P.R. n. 633/1972; art 43 D.P.R. n. 600/1973 [2] legge n. 205/2017 [3] art. 22 D.P.R. 633/1972 [4] art. 2946 c.c. [5] art. 84 D.P.R. 43/1973 [6] art. 2953 c.c. [7] art. 2948 c.c. [8] art. 20 co. 3 D. Lgs. 472/97 [9] art.76 DPR n. 131/1986 [10] art. 41 D.Lgs. 346/90 [11] art. 3 co. 9 L.335/1995 [12] art. 84 D.P.R n. 43/1973
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